E’ probabilmente interessante riportare una descrizione di G. Meini del processo di lavorazione del Dizionario (tratto dalla parte III della Prefazione).
Quando l'opera ebbe preso il suo regolare andamento, la cosa procedeva a questo modo. Il professore Bernardo Bellini, ch'era stato eletto a compagno del Tommaseo per la compilazione, preparava mano a mano in Torino, e passava colà alla stamperia i primi materiali greggi del lavoro, spogliando il Vocabolario della Crusca pubblicato dall'abate Giuseppe Manuzzi, quel di Napoli, pubblicato già dal Tramater e ristampato in Mantova nel 1845, e quel del Fanfani, il Supplemento del Gherardini, ed altri. Le bozze di cotesti primi materiali venivano poi spedite al Tommaseo, in Firenze; il quale le correggeva, le riordinava, le rifondeva, secondo il bisogno, e le arricchiva di osservazioni ed esempi già preparati all'uopo, o lì per lì suggeritigli dalla prodigiosa sua memoria, o innestava, là dove cadessero, le giunte di coloro che, pregati da lui, corrisposero sempre con molta benevolenza all'invito. Queste bozze, così riordinate e rifuse, venivano in ultimo dal Tommaseo inviate a me, che pur vi facevo le mie osservazioni, correzioni ed aggiunte, e poi andavo a conferire di tutto con lui: e raro era che in cinque o sei giorni non ne sbrigassimo una buona mandata, e la rinviassimo a Torino. Ma le bozze, così rinviate, erano per lo meno cresciute del doppio (a segno che sovente empievasi sino la parte bianca delle pagine), e gremite di tante correzioni, di tanti paragrafi nuovi, giunte e rimandi, che a me pareva sempre un miracolo che gli stampatori ci si raccapezzassero.
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